Come fare a capire chi si è veramente? E c’ è tutta questa necessità di farlo? Se fossi nato in Amazzonia probabilmente non sarei altro che un indigeno senza chiedermi chi mai potrei diventare.
Grazie davvero, Michele, per questa domanda che trovo realmente molto interessante. Tanto interessante da aver desiderato da subito risponderti tramite un video. La risposta infatti è piuttosto complessa, a mio avviso, e un semplice messaggio non sarebbe stato esaustivo.
Quello che dirò in questo video è il mio particolare punto di vista, ovviamente. Punto di vista che ho formato attraverso i miei studi di life coaching, la formazione con i miei maestri occidentali e orientali e le mie esperienze di vita.
Hai citato le popolazioni indigene dell’Amazzonia. E io prenderei proprio spunto da loro per iniziare. Anzi, più precisamente, dall’ uomo cosiddetto “primitivo”: in particolare l’essere umano dell’ età dell’oro.
In moltissimi testi sacri antichi si racconta che l’età dell’oro fosse caratterizzata da una umanità dotata di quella che veniva chiamata coscienza aurea (da qui appunto il nome di età dell’ oro) .
La coscienza aurea era caratterizzata da uno stato di perfetta fusione con la natura e con l’ Anima del mondo.
L’ uomo dell' età dell' oro era tutt’altro che primitivo. Egli percepiva se stesso come NON separato dal Tutto, dalla natura, dalla Madre Terra e da tutte le creature senzienti che ne facevano parte.
Questo stato di coscienza faceva si che egli fosse costantemente a contatto con la sua parte più vera, più autentica, e con la sua missione di vita. Allo stesso tempo ciò gli permetteva di essere immerso in un flusso costante di abbondanza. Tutto ciò di cui aveva bisogno infatti gli veniva offerto dalla natura.
La sua attività principale era la raccolta, era un raccoglitore, si cibava infatti dei frutti e delle piante che crescevano spontanee. Se cacciava, lo faceva sporadicamente. L’ uccisione dell’ animale, che percepiva appunto come parte di se stesso, era considerata un atto sacro. Uccidendo l’animale egli uccideva una parte di se stesso. Compiva per cosi dire insieme all’ animale un viaggio nell’ underworld, nel mondo infero, nell’ invisibile. E la sua coscienza ne emergeva arricchita, più intuitiva. Recuperava grazie a quel viaggio interiore doti, forze animiche, visione sottile.
Lo stato aureo è conservato oggi, in parte, dai bambini appena nati, o da persone che hanno raggiunto un’elevata evoluzione spirituale.
Perchè ti parlo di tutto questo? Perché, in quanto uomini e donne appartenenti a questa cultura moderna, siamo immersi al contrario in un vero e proprio delirio di iper razionalità, di costruzioni mentali, di coscienza che si percepisce sia distinta che separata da ciò che la circonda ( a differenza dell’ uomo dell’ età dell’ oro che si percepiva addirittura neanche distinto dalla natura per cui se uccideva un animale era veramente come se uccidesse una parte di se stesso).
La nostra civiltà è basata proprio su questo strappo violento tra l’uomo e l’anima del mondo, la Grande Madre. Quando l’uomo moderno uccide l’ animale accentua ancora di più questo strappo.
L’ uomo moderno vive costantemente in questo senso di colpa che è una vibrazione inconscia molto profonda e sottile ma che lo porta a sperimentare senso di scarsità continua, penuria, separazione dal Tutto, e dalla sua Anima (anima che sa esattamente perché si è incarnata e cosa renda realmente felice l’ individuo).
Ungaretti in una intervista con Pasolini, che puoi trovare cliccando qui, espresse molto bene il concetto di civiltà moderna: la cività è un atto contro natura. è un atto di prepotenza contro la natura. Dice nell’ intervista.
Ma siccome la natura è Anima, è la nostra anima, questo atto di prepotenza lo abbiamo fatto a noi stessi. Da qui nascono il senso di colpa, l’infelicità, la paura che chiude i sensi sottili e la porta del ricevere e quindi ci troviamo a vivere imprigionati nelle cattedrali buie e labirintiche della nostra mente, che è uno strumento del sistema.
Ciò che l’ uomo moderno è oggi chiamato a fare quindi non è tanto il “ricercare la propria missione di vita”, o l’ infarcirsi di concetti di crescita personale che vadano ad aggiungere qualcosa alla sua vita. Ciò che l’ uomo moderno deve fare non è ggiungere, è togliere. Togliere tutti quei veli, quei muri, quegli strati che lo separano dal percepirsi parte del Tutto. E’ chiamato a deprogrammare la psiche e riportarla sempre più intensamente alla condizione aurea in cui si fluisce spontaneamente verso la manifestazione della propria missione di vita. senza peraltro rinunciare al progresso tecnologico . Non voglio sminuire assolutamente il progresso tecnologico, ma sicuramente quando questo è soltanto frutto di una mente iper razionale non può portare al vero benessere dell’ umanità.
L’ uomo dell’ Amazzonia non lo conosco di persona, ma cosi a naso mi pare, più di altri, ancora in una condizione simile a quella dell’ uomo dell’ età dell’ oro. Egli non ha certo bisogno di ripulire i filtri mentali come l’ uomo moderno per ricongiungersi alla sua anima selvaggia. Non ha bisogno di fare analisi, o di fare corsi su come sbloccare il flusso dell’abbondanza. Diversa storia rispetto a noi esseri della società moderna.
Come rimarginare questa ferita profonda con l’ Anima? Come ristabilire un contatto con essa (che c’ è ma che non è più percepito) ?
Attraverso le pratiche spirituali, i rituali che per mezzo del linguaggio dei simboli parlano alla nostra psiche profonda e da essa sono compresi.
Si apre, qui, un altro capitolo molto ampio. Ho avuto la fortuna di apprendere e sperimentare i benefici della deprogrammazione della psiche attraverso il potere del rito e oggi mi occupo proprio di insegnare qesto linguaggio alle persone. Attraverso seminari di gruppo, video corsi, pubblicazioni, sessioni private.
E’ un cammino che la sottoscritta non ha mai smesso di percorrere. Non è che lo si fa per un tot di tempo e poi si smette e non ci si pensa più. Per due motivi :
Il primo è che il "mondo" attraverso tutti i mezzi di comunicazione di massa, la cultura vigente, ci induce un bombardamento costante di quelli che sono i suoi valori e le sue idee.
Nessuna società o civiltà infatti può esistere se non grazie a un sistema di valori condiviso da tutti. Non può esistere se non attraverso una mappa della realtà particolare a cui tutti aderiscano. Questo non è male di per sé, ma saperlo ci permette di prendere le distanze da ciò che è dato per vero e scontato e coltivare una diversa narrazione della vita. Sicuramente una narrazione che possa condurci alla felicità.
Scopo della civiltà, del sistema e dei suoi valori, infatti, non è renderti felice e libero ma renderti semplicemente governabile. Saperlo ti porta a poter scegliere quanto e quando dare spazio ai valori sociali per poter vivere armoniosamente con gli altri. E quando no.
Il sistema con i suoi valori non è male di per se stesso. È semplicemente il riflesso di quella parte presente in ciascun individuo che viene chiamata forza dell’ Asura. Questa forza blocca l’evoluzione della coscienza ma è assolutamente necessaria affinchè possa esistere la forza dell’ Avatar ovvero la forza della spinta evolutiva.
Ogni forza ha bisogno di una resistenza infatti per poter essere esercitata. Almeno in questa realtà tridimensionale.
Quindi per riassumere: è importante sempre continuare il proprio lavoro spirituale in modo da equilibrare la programmazione giornaliera a cui siamo soggetti. Evitando cosi di rimanere fermi. Rimanere fermi non equivale a non progredire, equivale a tornare indietro.
Il secondo motivo è perché non esiste veramente limite al grado di intensità di connessione con la cosicienza aurea. Nn esiste limite all’ evoluzione della coscienza con tutto ciò che questo comporta: più benessere, più abbondanza, più felicità, più armonia, più senso di missione. Quindi perché fermarsi?
Perché accontenarsi? Sii grata per ogni singolo progresso fatto ma non accontentarmi mai, diceva il mio maestro giapponese.
Ti lascio con un’immagine: Michelangelo davanti a un blocco di marmo grezzo non lavorato.
Ogni volta che si accingeva a scolpire lo faceva pensando che l’ opera finita fosse già presente all’ interno del blocco e che il suo lavoro fosse quello di togliere gli strati superflui del blocco di marmo per farla venire alla luce.
Ecco, questo per me è il lavoro di crescita spirituale dell’ uomo moderno. Un lavoro atto a togliere e non a aggiungere qualcosa. Siamo già completi, non dobbiamo diventarlo. Il flusso della felicità e dell’ abbondanza c’ è da sempre, pervade ogni angolo del cosmo. Dobbiamo togliere le dighe e i blocchi che gli impediscono di scorrere libero. La bellezza e l’ amore sono ovunque, dobbiamo togliere la sporcizia che rende i filtri della percezione opachi e distorti e tornare a vedere.
Buon cammino
Francesca Guidi